BMW X6 M era una M ad honorem
BMW M in questo 2022 compie 50 anni: un traguardo celebrato con il lancio di numerosi modelli, dall’estrema M4 CSL alla pratica M3 Touring, fino ad arrivare all’ultima nata tra le sportive di Monaco, la XM. Un grande Suv, primo modello esclusivamente M dai tempi della M1, nonché prima vettura della divisione sportiva della Casa bavarese ad adottare un ibrido plug-in. I Suv, del resto, fanno parte della gamma M da oltre un decennio, e ne costituiscono oggi una componente irrinunciabile. Tutto cominciò infatti nel 2009, con la prima generazione di X6 M, contraddistinta dalla sigla E71. Una vettura inedita, con carrozzeria Suv-coupé, dotata di un poderoso V8 biturbo da 4,4 litri e 555 cavalli di potenza. Un nuovo modo di intendere la sportività marchiata BMW Motorsport che all’epoca fece discutere e che oggi vede la sua evoluzione nella nuova XM.
È dal lancio della X5 prima generazione, datato 1998, che alcuni auspicavano — e altri scongiuravano — l’arrivo della lettera “M” sul baule di un Suv bavarese. Alla fine eccola, quella lettera sinonimo della massima sportività di Casa BMW. E non soltanto su X5 ma anche sul più muscoloso fratello X6, oggetto della nostra prova. Che sia un modello curato dal reparto sportivo di Monaco lo si evince al primo colpo d’occhio attraverso tutti quei dettagli classici della gamma M: quattro terminali di scarico belli prominenti, paraurti dall’appeal corsaiolo e feritoie sulle fiancate con logo “M”, proprio come le sorelle M3 e M5. Anche dentro respiri aria di Motorsport, non appena ti trovi in mano il solito volante sportivo con generosa imbottitura e davanti agli occhi la conosciuta strumentazione specifica.
Inizi invece a nutrire qualche dubbio sull’utilità di quella “M” sul baule non appena inizi a prendere confidenza con il pedale dell’acceleratore: l’erogazione è piatta, pulita e lineare; troppo lineare. E per percepire che stai viaggiando forte, perche? alla fine la X6 M cammina davvero molto forte, devi affidarti unicamente agli strumenti, osservando quant’è rapida l’ascesa della lancetta del tachimetro. Perché a pelle, sinceramente, tutta questa esuberanza propulsiva fatichi a percepirla. Poi c’é la componente sound: si comprende che è stato curato e adeguato alle caratteristiche della vettura, ma la musica che fuoriesce dai quattro scarichi è poco emozionante o quantomeno originale: non suona come un classico e possente V8, ma piuttosto come una via di mezzo fra un 4 e un 6 cilindri.
Le ragioni di tutte queste considerazioni sono da ricercare proprio nel propulsore deputato a spingere le X5 e X6 M. Si tratta dell’otto cilindri a V di 4.4 litri con TwinTurbo e iniezione diretta, pensato e progettato principalmente per equipaggiare le ammiraglie top di gamma. Non si tratta, dunque, di un propulsore specificatamente dedicato a un modello sportivo, come invece lo erano i grintosissimi 6 cilindri in linea 3.2 o il poderoso V10 5.0. E proprio per questa ragione, pur se dotato di una valanga di cavalli (555) e coppia, questo motore continua a conservare quell’indole soft che per un’ammiraglia come la Serie 7 va benissimo, ma che su un modello griffato “M” non calza così bene quanto i precedenti propulsori che il reparto sportivo di Monaco ci aveva abituato ad assaporare.
Queste considerazioni, peraltro, le facciamo con un pizzico di preoccupazione perché questo V8, con ogni probabilità, sarà il candidato a spingere anche la futura M5. E con gli altri reparti sportivi di Ingolstadt e Stoccarda che compiono passi avanti giorno dopo giorno, la lotta sarà quanto mai agguerrita.
Dove invece il reparto sportivo ha lavorato bene è nel comparto trasmissione. Hanno preso lo Steptronic a sei rapporti delle altre BMW e gli hanno cambiato i connotati: guidando normalmente in Drive si apprezzano la fluidità e la morbidezza di cambiata tipica dei convertitori di coppia, ma quando vuoi darci dentro in modalità sportiva o manuale questa trasmissione sfodera una grinta e una reattività degna di una doppia frizione; i passaggi sono secchi e assai rapidi, grazie a un taglio molto netto dell’alimentazione e dell’accensione durante le cambiate. Per bontà di trasmissione ci riferiamo anche alla trazione xDrive, qui ritarata in modo specifico e dotata del Dynamic Performance Control, quella sorta di autobloccante che ripartisce la coppia anche fra le sole due ruote posteriori.
Ci guadagnano motricità, riduzione del sottosterzo e piacere di guida. Per quanto riguarda l’assetto, la scelta è caduta su una taratura di compromesso. Non è estremamente rigido, nemmeno con modalità Sport inserita, dunque da un lato ci guadagna il comfort, mentre dall’altro si paga qualcosa in termini di rollio durante la guida sportiva.
A differenza delle altre BMW M, che erano spinte da propulsori espressamente pensati per le loro caratteristiche di sportività (vedi il 6 cilindri 3.2, il V8 4.0 e il V10 5.0), per X5 e X6 M la scelta è caduta su un motore già esistente: l’otto cilindri a V di 4.4 litri con TwinTurbo nato principalmente per le ammiraglie e le versioni top di gamma. Per conferirgli comunque un carattere sportiveggiante, nonché livelli di potenza e coppia elevati, gli interventi sono stati abbastanza consistenti: pistoni, alberi a camme, sistema di raffreddamento e turbine (con pressione salita a 1,5 bar) sono stati quasi interamente riprogettati dal reparto sportivo, per passare da una potenza base di 407 cv agli attuali 555 cavalli per una coppia massima che sale da 61,1 kgm al picco di 69,3 kgm, che in pratica e? sempre disponibile: da 1.500 a 5.650 giri.
La peculiarità di questo propulsore a iniezione diretta è proprio la sovralimentazione: grazie a una V fra le bancate piuttosto larga, 90 gradi, gli ingegneri BMW sono riusciti a sistemare in quel varco le due turbine e i catalizzatori. In tal modo, i collettori di aspirazione e scarico sono cortissimi, tant’è che per lo scarico c’è addirittura un collettore unico che serve entrambe le bancate. Questa originale sistemazione della sovralimentazione e la particolare soluzione del singolo collettore di scarico (unica al mondo e brevettata BMW), sono tra l’altro gli artefici del particolare sound di questo motore, che non suona come un qualsiasi altro V8. Per quel che concerne la trasmissione, lo Steptronic a sei rapporti con convertitore è stato reso estremamente sportivo perché durante le cambiate, in modalità manuale, viene attuata una disattivazione dei singoli cilindri, un taglio netto d’alimentazione per velocizzare e rendere più sportivi i passaggi.
Completa il quadro trasmissione una xDrive rivista nella ripartizione (ancor più coppia al retrotreno) e dotata, come le altre X6, di Dynamic Performance Control, il sistema che distribuisce la coppia fra le due ruote posteriori come un differenziale autobloccante, sia in tiro sia in rilascio. Ritarato completamente anche il Sevotronic, al pari dell’assetto M con sospensioni pneumatiche ribassato di 10 mm e irrigidito nella taratura.
Sebbene sia nato con ben altri obiettivi, leggi quello di spingere vellutatamente le top di gamma BMW, il V8 4.4 sovralimentato dà prova di potenza già all’accensione: dai quattro terminali tondi fuoriesce un sound corposo e possente, che può essere ulteriormente enfatizzato con il motore impostato in modalità Power. Anche in movimento le note prodotte dall’otto cilindri sottointendono una notevole prestanza fisica.
La cattiveria, al contrario, non è una prerogativa dell’erogazione. D’altronde basta analizzare la curva di coppia ancor prima di mettersi in marcia, per comprendere che genere di spinta possa offrire questo motore: sono a disposizione la bellezza di 69,3 kgm da 1.500 a 5.650 giri, come dire dal minimo alla zona rossa. Ecco allora che la spinta, giocoforza, risulta sì poderosa e consistente, ma per certi versi un po’ troppo piatta e lineare. Su una vettura marchiata M, ci si aspetterebbe qualcosa di più graffiante. Eppure, le prestazioni, ci sono eccome: quasi 275 orari e 4”81 per passare da 0 a 100 orari con quasi 24 quintali sulle spalle, sono un’adeguata misura per comprederlo. Tanta potenza, insomma, ma espressa in maniera un po’ troppo edulcorata.
La componente più appagante per il piacere di guida, alla fine dei conti, risulta essere il cambio: in modalità manuale viene infatti attuato un taglio molto netto dell’alimentazione, che rende le cambiate decisamente secche e rapide e che produce al tempo stesso un coinvolgente effetto “mitragliata” da limitatore fra un passaggio e l’altro. Stile doppia frizione cattivo, insomma, pur conservando la tipica fluidità dei cambi con convertitore di coppia se usato in modalità normale. Restando sempre in tema di trasmissione, lavora bene anche la trazione xDrive, qui impostata diversamente rispetto al solito: c’è maggior prevalenza di coppia al retrotreno, fatto che sommato alla presenza del Dynamic Performance Control — il sistema che ripartisce la coppia anche fra le sole due ruote posteriori — fa sì che il comportamento sia piuttosto dinamico.
Tendente al sovrasterzo sui fondi a scarsa aderenza tipo neve (occhio però alla massa elevata, l’inerzia è tanta e si sente), per diventare neutro in caso di aderenza ottimale. Emerge invece parecchio sottosterzo in fase di ingresso e percorrenza di curva, sia sul lento, sia sul veloce. Fatto imputabile alla massa elevata, l’anteriore fatica a trovare il giusto appoggio dunque in curva è meglio non esagerare e contenere la propria velocità, pena un muso che allargherà in misura considerevole la traiettoria.
Una componente che risulta adeguata alla mole e? invece l’impianto frenante. Oltre a garantire spazi d’arresto decisamente contenuti (35,7 metri da 100 km//h, 29,9 metri su aslfalto/ghiaccio), non risente particolarmente della fatica e regge bene anche dopo un uso intenso e prolungato, dote apprezzabile su una vettura di questo genere. Apprezzabile anche il livello di comfort offerto, considerato il carattere sportivo della X6 M. L’insonorizzazione è di buon livello (meno nella zona posteriore), e pur in presenza di una gommatura smisurata, la rumorosità è tutto sommato contenuta, come testimoniano i 69,9 decibel rilevati a 130 km/h.
E anche l’assetto, da parte sua, è stato tarato in una maniera che risparmia abbastanza la schiena. Le vere note dolenti arrivano al capitolo consumi, che pur se arginati in parte dall’iniezione diretta e dagli accorgimenti del pacchetto EfficientDynamics restano su livelli molto elevati: la miglior percorrenza registrata e? quella a 90 orari costanti, con 8,5 km/litro, ma al limite ad esempio si passa a 1,5 km/l. Le medie reali si attestano sui 5 al litro.
La BMW X6 M è il primo Suv che e? riuscito ad abbattere il muro dei tre minuti (2’59”30) sulla nostra pista di Balocco, soglia che soltanto le sportive più performanti riescono ad oltrepassare. È un tempo fotocopia di quelli fatti segnare da due super station wagon come RS6 Avant ed M5 Touring, e per trovare un Suv altrettanto performante bisogna far riferimento alla Cayenne GTS, distanziata di 4 secondi ma sfavorita dalla potenza, inferiore di quasi 150 cavalli. Il segreto del successo della BMW, infatti, è da attribuire quasi unicamente alla potenza e alla coppia del V8 sovralimentato. In parte anche alla bontà della trasmissione, che grazie al mix fra una 4×4 ulteriormente orientata verso il retrotreno e la presenza del Dynamic Performance Control che funge da autobloccante, fanno sì che la motricità e il contenimento del sottosterzo in uscita di curva siano ottimi.
Quello che paga la X6 M è invece un marcato sottosterzo in ingresso e in fase di percorrenza delle curve. Lecito da attendersi nelle parti più lente, causa peso molto elevato, ma molto fastidioso e mortificante sul veloce, situazione dove l’assetto non riesce a caricare a dovere la ruota anteriore in appoggio facendo appunto allargare troppo le traiettorie.
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